Romagna e Salottino
Noi di Salottino abbiamo fatto un nuovo Salottinoitinerante (ospitati da Brainsidee) e questa volta abbiamo discusso di identità del nostro mondo: la Romagna.
Ci siamo chiesti che valore abbia raccontare la nostra terra, quanto ci sentiamo legati a lei e quanto lei ci rappresenti. Abbiamo fatto la domanda alla nostra community e ci siamo ritrovati a parlare che “Senza di te (Romagna) non si può star…”: ma è proprio vero?
Andiamo al sodo. Quando io che scrivo sono in giro per l’Italia, cosa che capita molto spesso grazie al mio lavoro di consulenza, uno degli strumenti con cui rompo più facilmente il ghiaccio è raccontare che sono romagnolo. Che tra l’altro non è vero: io sono nato a Bologna da genitori modenesi e questo, per chi è della nostra regione, è il discrimine per non potere essere assolutamente considerato romagnolo. Mia moglie, per esempio, romagnola doc coi nonni materni di Meldola e paterni di Ravenna, quando io dico di essere romagnolo mi guarda con disprezzo e anche un po’ di fastidio. Anche se sono cresciuto a pesche e piadina da quando avevo 8 anni.
È lo stesso. Io mi sento romagnolo. E la gente dal romagnolo sa che può aspettarsi buonumore, allegria, giocosità, positività. Il romagnolo fondamentalmente è un cazzone consapevole a metà dell’invidia che suscita per il suo modo di essere e del luogo dove vive. La Romagna per molti è un posto indefinito da qualche parte che poi a un certo punto c’è il mare, questa indefinizione non è colpa di nessuno se non dei romagnoli. Che non si raccontano, che non amano parlare di se stessi, nonostante tutto. Al contrario, che so, dei napoletani, che come ci dice il nostro amico Vincenzo che è nato a Ravenna da genitori campani, amano enfatizzarsi ed esaltare la loro città. Quasi un eccesso opposto.
Noi in Romagna in realtà, se ci pensiamo bene, come dice la Francesca (che forse non lo sa, ma è uno dei guru di Salottino) produciamo col nostro modo di essere il vero lusso. Esprimiamo qualità della vita tranquilla in un luogo dove domina la bellezza senza che ci sia nulla di eclatante. Noi ci sentiamo unici, invincibili, sicuri di noi stessi soprattutto a casa nostra.
E poi ci sono gli esemplari più puri dei Romagnoli che sono come Nicola, che ha tatuati sul corpo i simboli della terra, lui la Caveja se la porta addosso. Se non sai che cos’è la Caveja allora non ne sai niente di Romagna. Fermezza, determinazione, tranquillità, con a tratti punte di sociopatia espressa da frasi come “io sto bene e sono tranquillo qua, e gli altri se vogliono venire va beh, che vengano; ma se si vogliono stare a casa loro è quasi meglio!”.
Pensare che invece l’Elisa di romagnolità, lei che è addirittura una purosangue, non ne vuol sentire nemmeno parlare. Abitudinario, con il “no” sempre pronto, con la “esse” bella cicciona che si sente da dove vieni, niente da fare!, il romagnolo con la sua visione provinciale e sempliciotta da ignoranza contadina lei non lo sopporta; e si vedrebbe bene lontano, magari a New York (ma non diciamoglielo che a New York la piada non c’è!)
Il romagnolo è un animale orgoglioso e contraddittorio: quando è lontano non vede l’ora di tornare, non fa altro che pensare al suo piccolo mondo fra le colline e la riviera; ma non lo sbandiera ai quattro venti, anzi: se per disgrazia quando arriva a casa sua c’è anche dell’altra gente che lui non conosce, non è detto che sprigioni tutta la sua simpatia in quel momento.
E poi arriva l’Osvaldo della situazione e, da buon toscano, ti racconta che noi romagnoli certo che ci sappiamo proprio fare con l’accoglienza, che siamo schietti (questo è vero!), comunicativi e che ci nasciamo così, che non si pone nemmeno il problema di se ne siamo consapevoli di sta roba, perché tanto non serve. Quando c’è un romagnolo in giro si vede, e si sente!
Ecco, noi volevamo capire qualcosa della Romagna e volevamo sapere se potevamo anche sfruttare qualcosa di noi stessi per valorizzarlo e per valorizzarci attraverso il territorio. La verità è che l’identità ce l’abbiamo e ce l’abbiamo bella forte. Soltanto che non lo sappiamo o in fondo non ci interessa saperlo, perché noi stiamo bene per davvero, e possiamo essere orgogliosi di dire che, come dice Daniele, per tutti vale che “Casa è dove cresci, dove hai rapporti”, e noi a differenza degli altri casa ce l’abbiamo in Romagna!
Giorgio Minguzzi
14 Aprile 2017 at 19:31Carino questo post. W la Romagna! 😉